L'alba dell'evoluzione chimica dell'Universo
Come siamo arrivati all’Universo chimicamente ricco e complesso in cui viviamo a partire dalla semplice mistura di idrogeno ed elio prodotti nei primi tre minuti dopo il Big Bang? Come e quando sono apparse le prime molecole nell’ambiente avverso dell’Universo in rapida espansione? Lo studio della chimica primordiale cerca di dare una risposta accurata a queste domande. Negli ultimi decenni sono stati sviluppati modelli chimici e dinamici di complessità via via crescente allo scopo di seguire l’evoluzione della componente barionica dell’Universo fino all’epoca della formazione delle prime strutture (stelle e/o galassie) che si ritiene sia avvenuta circa 500 milioni di anni dopo il Big Bang. Sono state le prime stelle a sintetizzare gli elementi più complessi dell’idrogeno e dell’elio, quali il carbonio, l’azoto, l’ossigeno e il ferro, di cui è composto il mondo in cui viviamo.
L’aspetto più interessante è che nulla sarebbe potuto accadere dal punto di vista chimico se l’Universo espandendosi e raffreddandosi fosse passato da un plasma completamente ionizzato ad un gas di puro idrogeno ed elio atomico. Tuttavia, durante la fase critica di “ricombinazione” dell’idrogeno, avvenuta 400,000 anni dopo il Big Bang, un piccolo ma non trascurabile residuo di elettroni liberi agì da catalizzatore di una serie di reazioni in fase gassosa che produssero molecole neutre, quali l’idrogeno molecolare e il suo isotopologo deuterato (le due specie chimiche piu’ semplici), e ioni molecolari contenenti elio, deuterio e litio.
Questa storia è l’argomento di un articolo di rassegna pubblicato nel volume di Annual Reviews of Astronomy and Astrophysics del 2013 con autori Daniele Galli e Francesco Palla, astronomi dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’INAF. La necessità di fare il punto sull’evoluzione chimica dell’Universo durante le cosiddette “Dark Ages” è motivata in parte dal fatto che la cosmologia moderna è entrata nell’era delle misure di alta precisione grazie ai satelliti BOOMERANG, WMAP, Planck e HST. Ciò ha permesso di definire il modello cosmologico di riferimento con un’accuratezza senza precedenti, lasciando alla sola evoluzione chimica le incognite residue, sia sperimentali che teoriche.
La figura qui mostrata permette di apprezzare visivamente le varie fasi dell’evoluzione del gas primordiale al passare del tempo, o equivalentemente al diminuire del redshift dall’epoca della ricombinazione (z=2000) fino a quella della formazione delle prime strutture (z=10). La molecola più abbondante è H2 seguita da HD. Queste molecole hanno avuto un ruolo fondamentale nel permettere il raffreddamento e la frammentazione del gas primordiale all’interno degli aloni di material oscura da cui hanno avuto origine i primi oggetti che hanno illuminato le “Dark Ages”. La natura dielle prime stelle e/o buchi neri massicci, è ancora incerta, ma il ruolo delle molecole primordiali non può assolutamente essere trascurato. Altrettanto importante è l’interazione delle molecole con la Radiazione Cosmica di Fondo che ha lasciato delle impronte spettroscopiche rivelabili con i telescopi moderni. Per conoscere le frequenze di queste transizioni molecolari sono spesso necessari esperimenti dedicati di spettroscopia ad alta risoluzione. Per esempio, la misura più accurata delle frequenze roto-vibrazionali dell’idruro di litio (LiH) è stata realizzata in collaborazione con il Laboratorio Europeo di Spettroscopia Non-Lineare (LENS) all’epoca sulla collina di Arcetri.
Didascalia: La variazione con il redshift delle abbondanze frazionarie (relative al numero totale di barioni) delle principali molecole e ioni formati nell’Universo primordiale. Le linee tratteggiate verticali indicano gli intervalli delle cinque principali fasi evolutive che hanno caratterizzato l’evoluzione chimica dell’Universo.